Cosa fai se hai mal di pancia? Prendi i fermenti lattici! Il termine “fermenti lattici” è però confondente. Spesso mi viene chiesto se questi integratori possono essere usati anche in chi soffre di intolleranza al lattosio. La risposta è sì… perché non c’entrano nulla con il lattosio e sarebbe meglio chiamarli probiotici.

Così come sarebbe meglio parlare di microbiota intestinale e non di “flora batterica”. Il termine “flora” ci riporta al mondo vegetale mentre l’aggettivo “batterica” si riferisce solo ad una parte dell’insieme di microbi che popola il nostro intestino. Non bisogna dimenticare che assieme ai batteri ci sono anche i funghi, i virus, i parassiti e gli Archea.

Il microbiota intestinale viene ormai inquadrato come un nuovo organo *esterno* all’organismo umano. Con l’avvento delle tecniche di Next Generation Sequencing è stato possibile inquadrare i generi e le specie batteriche che vivono nell’ambiente colonico (l’ultimo tratto dell’intestino). Tenuto conto che piccole percentuali di batteri di provenienza dal cavo orale o dall’intestino tenue possono sopravvivere ai succhi gastrici, ai sali biliari e agli enzimi digestivi… nel materiale fecale spontaneamente espulso potremmo trovare anche tracce del microbiota del cavo orale o di quello esofageo, gastrico, duodenale (questa è un’evenienza tanto più probabile quanto più il microbiota colonico appare disbiotico, ovvero alterato in termini qualitativi e quantitativi).

È talmente vero che il microbiota fecale colonico può essere considerato un organo che lo si può trapiantare attraverso una pratica ben standardizzata che è in uso nel caso dei pazienti affetti da diarrea da Clostridium difficile vancomicina resistente (enterocolite pseudmembranosa). Il tasso di guarigione a seguito del trapianto di microbiota intestinale è pari al 90-95%.

Sulla base di quanto dimostrato dagli studi di metagenomica possiamo affermare che il grosso del nostro microbiota fecale colonico è fatto dai Phyla Firmicutes + Bacteroidetes (assieme rendono conto del 95% dei batteri colonci). Il restante 5% è formato da Proteobacteria, Actinobacteria, Fusobacteria e Verrucomicrobia. In alcuni casi troviamo anche un Archea, Metanobrevibacter smithii (che quando è sovrabbondante può causare stitichezza).

L’alimentazione come maggior fattore determinante la variabilità del microbiota fecale colonico

La composizione del consorzio microbico, per quanto riconducibile ad uno standard di popolazione, è differente per ciascuno di noi così come sono differenti le impronte digitali. In qualche futuro episodio di CSI è probabile che l’assassino potrà essere identificato grazie alla “nuvola microbica” che ha lasciato dietro di sé. Il microbiota evolve a partire dalla nascita, quando è caratterizzato da una bassa complessità, e diventa via via più differenziato con lo svezzamento fino a raggiungere il massimo della variabilità intorno ai 3 anni di vita (a questo punto è sovrapponibile a quello di un individuo adulto).

L’alimentazione è senza dubbio il maggior fattore determinante la variabilità del microbiota intestinale. Più mangiamo variato, più la nostra alimentazione è ricca di alimenti di provenienza vegetale minimamente processati… e più il microbiota si diversifica. Parliamo di alfa-diversità intendendo con questo termine riferirci all’abbondanza sincrona di tante specie batteriche. Più alta è la richness del nostro microbiota è più bassa è la probabilità di andare incontro ad alcune patologie (asma, allergie, malattie infiammatorie croniche intestinali, diabete, malattie dismetaboliche, obesità, carcinoma del colon-retto).

In chi ha un’alimentazione basata sul consumo prevalente di alimenti di origine vegetali, il più possibile grezzi, prevalgono tra i Bateroidetes i generi Prevotella e Xylanibacter e tra i Firmicutes i generi Acetitomaculum, Faecalibacterium, Subdoligranulum. Al contrario in chi assume la tipica dieta occidentale (ricca di alimenti proteici, di grassi saturi e di zuccheri semplici) i batteri prevalenti sono Alistipes Bacteroides. Alistipes e Bacteroides potrebbero essere definiti batteri flag (batteri bandiera) perché altamente indicativi di una tipica dieta occidentale.

Recenti lavori hanno dimostrato che il consorzio microbico della rizosfera (la parte di terreno che avvolge le radici delle piante) è per molti aspetti sovrapponibile al nostro microbiota intestinale, soprattutto in coloro che seguono un’alimentazione molto simile a quella dei cacciatori-raccoglitori. L’alimentazione con derivati ipogei (radici) era allora la norma, ora rimane una scelta di nicchia all’interno di regimi alimentari particolari quali il vegetarianesimo ed il veganesimo. Ma il prevalere di Prevotella e Paraprevotella in assenza di contaminazioni da protozoi (viviamo sempre comunque in eccesso di igiene ed abbiamo poche possibilità di contaminarci) ha oggi un effetto pro-infiammatorio e quindi favorente l’instaurarsi delle MICI (Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali).

Una curiosità. Avete mai sentito parlare di geofagia? È l’ingestione di terra e dei microbi che essa contiene. Si tratta di una pratica ancora presente in alcune zone rurali per calmare la fame, per favorire la digestione, per contrastare la tossicità di alcuni cibi. Anche se nessuno di noi mangerebbe intenzionalmente della terra, tutti ingeriamo involontariamente l’Airborne Dust, particelle microscopiche di terreno disperse nell’aria con il loro carico in microrganismi. Noi europei siamo esposti soprattutto alla polvere che si solleva dal Sud Africa e dalla Penisola Araba. A riprova di questo fenomeno alcuni epidemiologi parlano della fascia della meningite intesa come una vasta zona del Nord Africa nella quale si assiste ad oubreaks stagionali di meningite grazie alla diffusione di particolato in grado di trasportare Neisseria meningitidis .

Invecchiando perdiamo batteri

Invecchiando andiamo incontro a una diminuzione della diversità batterica. Allo stesso tempo i batteri che rimangono diventano meno resilienti all’azione di farmaci e xenobiotici. Di fatto una delle caratteristiche degli ultracentenari è una grande richness batterica intestinale.

Quando perdiamo generi e specie batteriche stiamo perdendo informazione genetica. Ogni volta che un batterio scompare dal nostro consorzio microbico abbiamo perso anche il suo DNA con il carico di informazioni che questo trasporta. Perdere informazione genetica significa perdere la capacità di adattarci all’ambiente (oggi gli scienziati parlano di adattoma). Pensiamo solo che per ogni gene che ci viene passato dai nostri genitori ce ne sono ben 100 forniti dai batteri intestinali. Questo giusto per dare un’idea di proporzione tra l’entità del nostro genoma e quello dei batteri che abitano nel nostro intestino (microbioma).

Ad ogni batterio il suo compito

I batteri del Phylum Bacteroidetes contemplano pochi generi. Tra questi i più abbondanti sono Bacteroides e Prevotella. Questi batteri producono come prodotto finale del loro catabolismo l’acido propionico o propionato. Al contrario i Firmicutes sono specializzati nel convertire in acido butirrico le fibre alimentari che giungono indigerite fino al colon. L’acido butirrico ha principalmente il ruolo di sfamare i coloniciti (le cellule che rivestono il colon) riducendo all’un tempo il rischio di insorgenza di patologie infiammatorie. Ma se abbiamo troppi Firmicutes potremmo andare incontro a sovrappeso/obesità.

Il propionato contribuisce attraverso la gluconeogenesi epatica (sintesi ex novo di glucosio) al senso di sazietà. Nella giusta misura il suo contributo alla nostra salute non è trascurabile ma se presente in eccesso aumenta il rischio di insulino-resistenza, di sindrome plurimetabolica e di steatosi epatica non alcolica (Non Alcoholic Fatty Liver Disease, NAFLD).

Microbiota intestinale e patologie

Una delle scoperte più interessanti di questo ultimo periodo è l’esistenza di un asse intestino cervello (gut-brain axis). Alcuni batteri avrebbero la capacità di influenzare il nostro comportamento emotivo e potrebbero avere un ruolo nell’insorgenza di disturbi neurologici e psichiatrici.

Le malattie infiammatorie croniche intestinali (Inflammatory Bowel Disease, IBD) sono associate ad una sovra-crescita delle specie batteriche ritenute più aggressive (Proteobacteria, Fusobacterium) e alla contemporanea riduzione di gruppi ritenuti protettivi (vedi Bifidobacterium). Nei pazienti con IBD si osserva anche un’alta concentrazione di Candida albicans e una ridotta presenza di Saccharomyces cerevisiae.

Come abbiamo visto l’alterazione quali/quantitativa del consorzio microbico con sovrabbondanza dei batteri appartenenti al Phylum Bacteroidetes porta alla comparsa di insulino-resistenza e fegato grasso. La NAFLD può evolvere in alcuni casi in NASH (Non Alcoholic Steato-Hepatitis), una condizione grave caratterizzata dall’accumulo di grasso nel fegato (come nella NAFLD) e dalla concomitante presenza di processi infiammatori, dalla morte dei tessuti e dalla cicatrizzazione. In una percentuale non trascurabile i pazienti con NASH progrediscono verso forme severe di cirrosi (si impone il trapianto di fegato) e verso la comparsa dell’epatocarcinoma.

Purtroppo lo abbiamo imparato in questi mesi con il COVID-19. In presenza di una disbiosi intestinale e sulla base di un pre-esistente asse intestino-polmone, la patologia polmonare sarà connotata da una certa severità. Esiste un microbiota specifico del polmone. Si consorzia a partire dal microbiota nasale e dal microbiota del cavo orale. Più il microbiota polmonare è disbiotico e più il rischio di sviluppare una polmonite è alto. Le nostre attuali conoscenze non ci consentono di ristabilire l’eubiosi del microbiota polmonare in maniera diretta. Abbiamo però la possibilità di condizionarlo in maniera indiretta attraverso l’assunzione di ceppi a colonizzazione orale, vedi Streptococcus salivarius.

Conclusioni

Non vi è dubbio che la nostra salute dipende dallo stato di salute del nostro microbiota intestinale. Siamo ancora all’inizio della Gut Microbiota Revlution, ma non vi è dubbio che tra qualche anno i medici delle diverse specialità dovranno essere degli esperti di microbiota intestinale.

 

 

 

 

 

 

2 Comments:

  • Articolo molto interessante, aggiornato e ricco di spunti da approfondire. Le competenze di questa Dottoressa si esprimono attraverso studi costanti e approfonditi che emergono anche nei suoi articoli. Grazie

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.