Cibo e intestino

Passato è il tempo in cui l’intestino veniva considerato un semplice tubo che assolveva ai processi digestivi, di assorbimento dei nutrienti e di smaltimento degli scarti. Da quando è stato scoperto il Sistema Nervoso Enterico (composto da 200-600 milioni di neuroni, quanti ce ne sono nel midollo spinale) l’intestino è stato ribattezzato il secondo cervello.

La complessità di funzione di questo organo è legata anche ai batteri che lo abitano (microbiota intestinale). E poi ci sono le cellule neuroendocrine responsabili della produzione di specifici ormoni. Dunque l’intestino non è più un tubo ma non è neanche solo un secondo cervello… potremmo dire che è un cervello con un suo sistema endocrino che assieme colloquiano con l’organo microbiota e con molti altri organi vicini e lontani.

Dunque a livello dello stomaco e dell’intestino sono presenti cellule endocrine specializzate chiamate per l’appunto enteroendocrine. Queste cellule derivano dalle cellule staminali multipotenti che sono localizzate alla base delle cripte intestinali. Dal momento che le cellule staminali multipotenti si differenziano in cellule enteroendocrine cominciano a migrare dalla base delle cripte fino alla superficie apicale dell’epitelio intestinale. E lì fanno quello per il quale sono nate, cioè cominciano a produrre ormoni.

Gli ormoni prodotti a livello gastroenterico sono polipeptidi, molecole fatte da un numero di amminoacidi compreso tra 10 e 100. Tra questi vale la pena ricordare la colecistochinina (CCK), il GLP-1 o Glucagon-Like Peptide-1 e l’FGF-19 o Fibroblast Growth Factor 19.

La CCK e il controllo della fame

La CCK viene prodotta dalle cellule I presenti a livello del duodeno e dell’ileo e rilasciate nel torrente ematico dopo l’assunzione di pasti ricchi di grassi e proteine. In origine si pensava che l’unico ruolo della CCK fosse quello di indurre la contrazione della cistifellea (o colecisti) in modo che questa riversasse nel duodeno la giusta quantità di bile. I sali biliari a livello del duodeno agiscono come saponi rendendo possibile la frammentazione dei grassi in tante piccole micelle più facilmente aggredibili dagli enzimi digestivi (le lipasi). Una buona digestione dei grassi è indispensabile ai fini del loro assorbimento e dell’assorbimento delle vitamine liposolubili (A, D, E, K). Se la CCK facesse solo questo sarebbe già un grande ormone. Ma non fa solo questo. I suoi recettori CCK1 (ogni ormone ha specifici recettori ed è legandosi ad essi che è in grado di svolgere le proprie funzioni) sono presenti a livello del pancreas, della colecisti e delle fibre nervose afferenti vagali che innervano l’intestino. I recettori CCK2, invece, li ritroviamo a livello del cervello. Che notizia! Ogni volta che un ormone ha un recettore nel cervello è possibile che la sua azione abbia a che fare con il controllo di fame e sazietà e con l’umore. Se 2 + 2 fa 4 anche in fisiologia, e visto che la CCK viene secreta in risposta ad un pasto ricco di grassi e proteine… secondo voi cosa andrà a dire al cervello questo ormone? Che siamo sazi. Che spettacolo la fisiologia! Mentre la CCK da incarico alla cistifellea di riversare la bile nel duodeno e al pancreas di rilasciare i suoi enzimi digestivi, allo stesso tempo viaggiando lungo il nervo vago e poi giungendo al cervello attraverso il torrente ematico ci fa capire che è ora di smettere di mangiare.

Detto questo non sorprende che si stanno studiando gli agonisti recettoriali della CCK come possibili farmaci coadiuvanti il trattamento dell’obesità.

Il GLP-1 e il controllo della fame

Veniamo ora al GLP-1. È un peptide di 37 amminoacidi prodotto dalle cellule L di ileo, colon e retto sotto forma di peptide inattivo. A livello ematico il GLP-1 viene modificato in modo da essere trasformato nella forma attiva. Se questo è, il GLP-1 agisce al di fuori dell’apparato gastrointestinale. Una sua importante caratteristica è la breve emivita (meno di 2 minuti) perché viene degradato per azione di specifiche peptidasi. Mentre la CPK viene secreta in risposta a pasti ricchi in grassi e in proteine, il GLP-1 viene invece prodotto dopo l’ingestione di cibi ricchi in glucosio. Cosa fa GLP-1? GLP-1 è un’incretina, è capace cioè di favorire il rilascio di insulina da parte delle beta-cellule pancreatiche (e dunque di modulare l’assorbimento di glucosio da parte del tessuto muscolare ed adiposo) e di inibire allo stesso tempo il rilascio del glucagone che favorirebbe la produzione di glucosio endogeno (neoglucogenesi epatica).  Alla fine, grazie alla combinazione di queste due azione, il GLP-1 è in grado di far sì che la glicemia rimanga entro valori fisiologici dopo l’assunzione di un pasto ricco in carboidrati. Ad alte dosi l’ormone induce un rallentamento dello svuotamento gastrico contribuendo alla sazietà. Ma come la CCK anche il GLP-1 è capace di arrivare fino al cervello in parte legandosi ai recettori presenti sul nervo vago ed in parte viaggiando lungo il circolo ematico e attraversando la barriera emato-encefalica. I recettori per il GLP-1 sono presenti a livello del nucleo del tratto solitario ed hanno a che fare con il controllo della fame.

Potrebbero succedere tante cose… una ridotta produzione di GLP-1, un difetto recettoriale… e noi perdiamo uno dei  meccanismi che regolano il senso di fame. Che questo difetto funzionale possa aver a che fare con il sovrappeso, con l’obesità e con il diabete non è difficile da credere. La scoperta del GLP-1 ha dato la possibilità di mettere a punto una serie di farmaci che agiscono come analoghi di questo ormone, come agonisti del suo recettore o come inibitori delle peptidasi che ne riducono l’emivita. Si tratta di farmaci utilizzati nel paziente diabetico ed obeso e che svolgono un ruolo importante nel controllo della glicemia. Riescono anche a contribuire alla perdita del peso corporeo e alla riduzione del grasso viscerale (che ha un ruolo così importante nella genesi e progressione delle malattie cronico-degenerative).

L’FGF19 e la steatosi epatica

I sali biliari sintetizzati a livello epatico, concentrati a livello della cistifellea e riversati nel duodeno in presenza di un bolo alimentare ricco in grassi, dopo aver assolto alla loro funzione vengono per la gran parte riassorbiti e ricondotti al fegato attraverso la circolazione entero-epatica. In questo nodo il pool dei sali biliari viene mantenuto costante. Guai se fossero di meno (difficoltà a digerire ed assorbire i grassi) e guai anche se fossero di più data la loro intrinseca tossicità. Capiamo, dunque, che alla base della sintesi ex novo dei sali biliari (il 5% viene perso con le feci e va rimpiazzato) c’è un fine meccanismo regolatorio. Uno degli ormoni implicati in questa regolazione è l’FGF19, secreto due ore dopo il pasto da parte di cellule specializzate presenti nell’ileo terminale. Cosa fa l’FGF19? Quando i sali biliari vengono assorbiti dagli enterociti (le cellule che rivestono il lume intestinale) stimolano la secrezione di FGF19 e questo giunge al fegato dove inibisce la sintesi dei sali biliari stessi. Geniale! E neanche a dirlo pure l’FGF19 è capace di passare la barriera emato-encefalica e di trasmettere al cervello un appagante senso di sazietà.

Alcuni studiosi, e tra questi il Prof. Antonio Moschetta (ordinario di Medicina Interna e presidente del corso di laurea in Medicina dell’Università Aldo Moro di Bari), sono impegnati nello stabilire la relazione tra l’FGF19 e le malattie epatiche (dalla colangite biliare primitiva all’epatocarcinoma) passando anche attraverso il coinvolgimento del microbiota intestinale.

Oltre a leggere gli articoli del nostro valente scienziato (che ha scritto anche dei libri divulgativi assolutamente ben fatti… è raro che uno scienziato sia dotato anche della dote del divulgatore) sto cercando di contattarlo per proporgli un’intervista in uno degli eventi organizzati dall’Associazione Italiana Nutrizionisti in Cucina. Vi terrò aggiornati!

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