Il mais (nome scientifico Zea mays L.) è una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Graminaceae. Le cultivar attuali sono state ottenute attraverso un lungo processo di selezione a partire dalle prime piante portate in Europa dall’America. Dalla metà del secolo scorso sono state messe a punto varietà ibride, caratterizzate da un’elevata produttività e da un altrettanto elevato fabbisogno idrico. In Italia le zone maggiormente vocate a questo tipo di coltivazione sono le regioni padane e quelle peninsulari centrali.

Nel mais i fiori maschili e femminili sono portati da infiorescenze separate e presenti sulla stessa pianta. L’infiorescenza maschile è detta pennacchio e si colloca all’apice. L’infiorescenza femminile, comunemente detta pannocchia, è una spiga posta a circa metà altezza della pianta. La spiga è portata da un breve peduncolo dal quale si dipartono una serie di foglie modificate in brattee. L’insieme delle brattee forma il cosiddetto cartoccio la cui funzione è quella di proteggere le cariossidi. Sull’asse centrale della spiga, anche noto come tutolo, si inseriscono le cariossidi che risultano disposte in file regolari, rettilinee o spiralate. La fecondità delle moderne cultivar è talmente elevata da portare allo sviluppo di 1000 cariossidi per singola spiga.

L’alta resa produttiva di questa pianta e la capacità delle specie più rustiche di adattarsi a climi aridi deriva dall’essere piante C4. Con la fissazione dell’anidride carbonica (CO2) attraverso il processo della fotosintesi clorofilliana la gran parte delle piante (per questo dette C3) forma molecole a 3 atomi di carbonio; al contrario il mais da origine a molecole a 4 atomi di carbonio. Questa maggiore efficienza biosintetica fa sì che gli stomi della pianta (ovvero gli orifici attraverso i quali la pianta realizza gli scambi gassosi con l’ambiente esterno) possano rimanere aperti per un tempo inferiore contrastando così la perdita di acqua.

Il mais fa ingrassare?

In ambito zootecnico il mais rientra nella composizione dell’insilato. L’insilamento è una tecnica di conservazione del foraggio grazie alla quale si realizza un’acidificazione della massa vegetale ad opera di microrganismi anaerobi. Perché il processo si avvii è necessario infatti procedere allo sminuzzamento del foraggio e al suo stoccaggio all’interno di particolari contenitori chiusi (i silos) oppure all’interno di strutture in calcestruzzo munite di mura di contenimento. In questo caso il foraggio viene triturato, compattato ed infine sigillato da materiale plastico capace di isolarlo dall’aria ambiente. L’insilato di mais è alla base dell’alimentazione dei vitelli da carne durante la fase del finissaggio, a due o tre mesi dalla macellazione. In questo periodo l’animale aumenta il suo peso e le sue carni si arricchiscono di grasso acquisendo il classico aspetto marezzato. Consideriamo la marezzatura un carattere organolettico superiore. Se gli animali venissero mantenuti al pascolo le loro carni risulterebbero più tenaci e meno saporite.

Dunque che il mais faccia “ingrassare” gli animali da allevamento è un dato di fatto ma qual è il suo effetto sull’uomo?

In un regime alimentare “ordinario” una consistente parte (>50%) del fabbisogno calorico giornaliero viene coperto da alimenti di natura glucidica. I cereali rappresentano una buona fonte di carboidrati complessi e sono parte fondamentale di qualsiasi dieta che voglia essere bilanciata (basata cioè sui fabbisogni calorici e nutrizionali del singolo individuo) ed equilibrata (completa di tutti i macronutrienti e di tutti i micronutrienti). Non ha senso attribuire ai cereali un effetto ingrassante di per sé. A favorire invece l’accumulo di grasso corporeo è l’eccessivo introito calorico: si ingrassa quando si assumono più calorie di quelle che si consumano giornalmente.

Chi promuove l’uso dei cereali integrali screditando allo stesso tempo il valore dei cereali raffinati fa spesso riferimento al concetto dell’Indice Glicemico (IG). L’IG di un alimento indica la velocità con cui aumenta la glicemia dopo l’assunzione di 50 grammi di carboidrati da esso provenienti. Per fare un esempio se volessimo misurare l’IG delle carote dovremmo assumerne una quantità tale da ricavarne 50 grammi di carboidrati. Lo step successivo consiste nel misurare la glicemia nelle due ore che seguono al pasto disegnandone l’andamento su di un grafico. La curva così ottenuta va posta a confronto con quella che si ha dopo l’assunzione della stessa quantità di glucosio a cui è attribuito un IG pari a 100. L’IG delle carote è espresso infine come valore percentuale rispetto alla velocità d’aumento della glicemia nel caso del glucosio.

Sulla base di questa descrizione ci rendiamo conto che si tratta di un indice più teorico che pratico. Per assumere 50 grammi di zuccheri dalle carote dovremmo mangiarne almeno 600 grammi cosa non così probabile. È per questo che si ritiene più corretto fare riferimento al Carico Glicemico (CG). Il CG è un parametro che, tenendo conto dell’IG e della quantità di carboidrati contenuti in una porzione dello specifico alimento, ne stabilisce l’impatto sulla glicemia. In altre parole il CG ci consente di compiere il doveroso salto dalla teoria alla pratica, combinando qualità e quantità dei carboidrati presenti nel nostro piatto.

La formula per il calcolo del CG è la seguente:

CG = (IG x carboidrati presenti nella porzione)/100

Maggiore è il CG e maggiore è l’innalzamento della glicemia ed il rilascio dell’insulina nella fase post-prandiale. L’indice glicemico del mais è di 65 mentre il carico glicemico è di 48. Con questo valore il mais viene classificato come un alimento ad alto CG. Il segreto consiste nel giocare sulle quantità: dimezziamo la dose di mais e lo abbiniamo nell’ambito dello stesso pasto o dello stesso piatto ad altri ingredienti carichi di fibre.

Mais valori nutrizionali

Valori nutrizionali per 100 grammi di prodotto
Calorie 365 kcal
Grassi 4,7 g
Acidi grassi saturi 0,7 g
Acidi grassi polinsaturi 2,2 g
Acidi grassi monoinsaturi 1,3 g
Colesterolo 0,0 mg
Carboidrati 74 g
Proteine 9 g
Vitamina A 0 IU
Vitamina D 0,0 IU
Vitamina B12 0,0 μg
Vitamina B6 0,6 mg
Vitamina B3 1,5 mg
Vitamina C 0,0 mg
Vitamina E 0,5 mg
Calcio 7,0 mg
Ferro 2,7 mg
Magnesio 127 mg
Sodio 35 g
Potassio 287 mg


Mais proprietà

Mediamente più povero in proteine rispetto agli altri cereali, il mais possiede la composizione amminoacidica più sfavorevole per via della ridotta presenza di lisina e di triptofano. Se per le popolazioni dei Paesi Occidentali la scarsezza di questi due amminoacidi essenziali non rappresenta un problema perché ben compensata da un’alimentazione varia, diverso è il discorso per le popolazioni dell’Africa Occidentale e dell’America Latina per le quali il mais rappresenta l’alimento di base. Nel corso degli anni i ricercatori hanno tentato di sviluppare cultivar di mais più ricche in lisina ma queste non hanno mai incontrato grandi consensi a causa del sapore meno gradevole e della scarsa attitudine alla trasformazione industriale.

All’inizio del ventesimo secolo la pellagra, malattia neurologica sistemica dovuta alla carenza di niacina o vitamina B3 o vitamina PP (Pellagra Preventing), era in grado di mietere migliaia di vittime in molte aree del mondo. Questa patologia interessava gli strati più poveri di quelle popolazioni la cui alimentazione era fondata quasi esclusivamente sul mais. Nel mais la niacina, seppur presente, è legata all’amido in una forma che la rende non assorbibile per il nostro organismo. Quando il mais viene messo in ammollo in una soluzione alcalina, come avviene tradizionalmente nella preparazione delle tortillas messicane, la niacina si libera dall’amido e può essere normalmente assorbita. A questo processo si da il nome di nixtamalizzazione. Ecco spiegato il motivo per cui tra tutti i popoli che si nutrivano abitualmente di mais i messicani non sviluppavano la pellagra. Attualmente il mais dolce o sweet corn, commercializzato sotto forma di pannocchie o di chicchi in scatola, viene pretrattato con acqua alcalina per aumentare la biodisponibilità della vitamina B3.

Come tutti i cereali integrali il mais è una buona fonte di vitamina E, di alcuni sali minerali (tra cui il ferro) e di caroteni (luteina e zeaxantina) che gli conferiscono il classico colore giallo.

Luteina e zeaxantina sono i principali componenti del pigmento maculare retinico e hanno il ruolo di filtrare la luce ad alta energia permettendo sia la visione notturna che quella diurna. In particolare alla luteina viene attribuita la capacità di prevenire la degenerazione maculare età-correlata, le maculopatie fototraumatiche, la cataratta e gli altri disturbi del visus.

Il mais non contiene glutine per cui la sua farina da sola non è panificabile. In compenso si dimostra adatta per l’alimentazione dei soggetti celiaci.

Mais: il suo utilizzo nell’industria alimentare

Nel leggere la lista degli ingredienti sulla confezione di un qualsiasi cibo industriale possiamo star certi che una buona parte di questi derivi dalla lavorazione del mais. Sono da citare l’amido modificato, lo sciroppo di glucosio, le maltodestrine, il fruttosio cristallizzato, l’acido ascorbico, la lecitina, il destrosio, l’acido lattico, la lisina, il maltosio, l’HFCS ovvero l’High Fructose Corn Syrup, gli oli di semi vari, il caramello, la gomma xantana… solo per volerne riportare alcuni.

Con un tale corteo di prodotti che derivano dalla sua trasformazione industriale è inevitabile che ci sarà del mais nel latte in polvere, nei formaggi spalmabili, nel gelato, nei cibi precotti, nella frutta sciroppata, nel ketchup, nelle caramelle, nelle salse pronte, negli wurstel e negli insaccati in generale, nella margarina e nelle merendine.

La nostra esposizione al mais è talmente massiccia che Michael Pollan nel suo libro “Il dilemma dell’onnivoro” parla dell’uomo come di una pannocchia con le gambe.

Mais in gravidanza

Non esistono controindicazioni all’assunzione del mais in gravidanza. Lo si può assumere sotto forma di polenta oppure come mais dolce nella preparazione di insalate o di primi piatti estivi. In ognuna di queste versioni l’ideale sarebbe miscelarlo con i legumi in modo da compensare la carenza in lisina e in triptofano. Il mais in scatola, già di per sé più ricco in carboidrati, va opportunamente passato sotto l’acqua corrente allo scopo di allontanare gli zuccheri semplici presenti nel liquido di conserva.

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