frutta-potere antiossidante

È consueto ai giorni nostri ricevere informazioni del tutto contrastanti in tema di nutrizione. Secondo alcuni esperti una cosa fa male, secondo altri invece fa bene. In questa giostra di ipotesi e congetture il paziente che vuole fare scelte consapevoli si trova ad essere del tutto disorientato. Una delle domande che mi sento porre più frequentemente è se la frutta si può mangiare a conclusione di un pasto. Sono molti quelli che pensano che combinando certi alimenti si possano inibire la digestione e indurre fenomeni di fermentazione e malassorbimento intestinale. Così Harvey e Marilyn Diamond nel loro best-seller “Fit For Life” sconsigliano vivamente il consumo di frutta a fine pasto. In realtà questa ipotesi non è stata mai dimostrata con metodo scientifico.

 

ciliegie-a-fine-pasto

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Si sa invece che la digestione è un processo che avviene con modalità specifiche per ogni nutriente. Una prima fase ha luogo nella bocca per effetto della masticazione e della ptialina che digerisce gli amidi cotti. A livello dello stomaco la digestione è portata avanti dall’azione meccanica e dall’acido cloridrico. Il cibo impiega in media da 6 a 10 ore per raggiungere il colon, luogo in cui è presente la flora batterica intestinale responsabile dei processi di fermentazione. La durata di questo processo ci suggerisce che il momento in cui mangiamo la frutta non può avere grande importanza. Conoscere la fisiologia della digestione è il primo passo per non cadere vittima di tali credenze. Lo dico soprattutto nell’interesse di quanti si stanno privando del piacere di un buon frutto a fine pasto solo perché qualcuno gli suggerisce di farlo.

arance-a-fine-pasto

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1)      La digestione dei carboidrati inizia in bocca per azione di alcuni enzimi salivari. Quando poi i carboidrati semi-lavorati raggiungono lo stomaco subiscono l’azione dell’acido cloridrico. Il passo successivo avviene nel piccolo intestino dove l’amilasi pancreatica rompe le catene più grandi riducendole in monosaccaridi (zuccheri semplici). Sono i monosaccaridi ad essere assorbiti a livello intestinale.

kiwi-a-fine-pasto

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2)      La digestione delle proteine è un processo che richiede più tempo. Inizia a livello dello stomaco per azione dell’acido cloridrico e della pepsina. Nel piccolo intestino la digestione prosegue per effetto degli enzimi pancreatici, tripsina e chimotripsina, che rompendo i legami peptidici scompongono le proteine negli amminoacidi costituenti. Sono gli amminoacidi ad essere assorbiti e quindi distribuiti attraverso il flusso sanguigno.

anguria-a-fine-pasto

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3)      La digestione dei grassi è senza dubbio il processo più laborioso e inizia solo a livello dell’intestino tenue. I grassi, si sa, non si sciolgono in acqua. Tendono invece ad aggregarsi tra di loro sfuggendo all’azione degli enzimi digestivi. La bile, prodotta dal fegato, opera allo stesso modo in cui i saponi agiscono sul grasso. In qualche modo lo sciolgono riducendolo in piccole gocce (micelle). È solo adesso che gli enzimi pancreatici possono agire scomponendo i grassi in acidi grassi e glicerolo. Queste molecole, più piccole, possono essere assorbite e tramite il sistema linfatico distribuite.

mandarini-a-fine-pasto

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Indipendentemente dalle combinazioni alimentari questi processi avverranno comunque. Avendo consumato un pasto misto lo svuotamento gastrico richiederà tempi più lunghi dal momento che proteine e grassi sono più laboriosi da digerire. Usando una metafora la velocità dell’intero processo è condizionata dalla velocità con cui viaggia l’ultimo vagone (la digestione del grassi per l’appunto).

In conclusione, se ne avete il desiderio nulla vi vieta di concludere un pasto bilanciato con una porzione di frutta.

mele-a-fine-pasto

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