L’obesità è una vera e propria epidemia con circa 1,9 miliardi di persone sovrappeso e 600 milioni di adulti obesi nel mondo. L’espansione del grasso corporeo (oggi si parla di organo adiposo) è associata ad una significativa morbilità e all’accresciuta mortalità per malattie cardiovascolari e diabete. Per contro la perdita di peso può contribuire in maniera significativa alla  prevenzione del diabete e alla riduzione della pressione sanguigna e si associa a livelli più bassi di colesterolo e di trigliceridi e ad altri benefici per la salute.

Acido alfa lipoico: cosa dice l’evidenza scientifica

L’acido alfa lipoico (ALA), noto anche come acido lipoico, è un acido grasso a catena corta normalmente presente in natura. Dal punto di vista chimico si caratterizza per la presenza di un legame tiolico. L’acido alfa lipoico è un cofattore essenziale per la produzione di energia a livello mitocondriale ma è anche un potente antiossidante e uno scavenger (letteralmente *spazzino*) dei radicali liberi. Viene commercializzato come integratore alimentare a valenza antiossidante, da solo o in combinazione con altri principi attivi.

Alcune ricerche scientifiche hanno dimostrato che l’ALA è in grado di ridurre i sintomi della polineuropatia diabetica. Altri studi hanno suggerito l’idea che l’acido alfa lipoico possa avere proprietà anti-obesità. Per quanto visto sugli animali da laboratorio sembrerebbe che l’assunzione di ALA possa favorire la riduzione del peso corporeo e nello specifico della massa grassa attraverso la modulazione dell’appetito e l’aumento del dispendio energetico. Tuttavia, gli studi sull’uomo sono limitati ed i risultati sono stati fin qui incoerenti. Non è dunque certo che l’ALA faccia realmente dimagrire.

Una recente meta-analisi, prendendo in rassegna ben 728 articoli, ha dimostrato una significativa riduzione del peso corporeo e del BMI (Body Mass Index o Indice di Massa Corporea) a seguito del trattamento con ALA versus placebo, indipendentemente dal fatto che il principio attivo fosse utilizzato ai fini del dimagrimento o per altri scopi. In sintesi, i risultati di questa meta-analisi suggeriscono che l’ALA può essere un utile complemento per la perdita di peso negli individui sovrappeso e obesi.

Non si riferiscono effetti collaterali.  Sebbene la dose massima di ALA non sia stata definita, studi precedenti hanno dimostrato che può essere utilizzato in modo sicuro fino ad un dosaggio di 1800 mg/die.

L’obesità e lo stress ossidativo

Ma sulla base di quale razionale l’acido lipoico potrebbe favorire la perdita del peso corporeo?

Recentemente si è stabilita una relazione causale tra obesità e stress ossidativo. Il termine stress ossidativo o “squilibrio redox” indica l’insieme delle alterazioni biochimiche che si producono nelle cellule  quando queste sono esposte a un eccesso di agenti ossidanti. Le conseguenze di uno stress ossidativo “mal gestito” sono alterazioni metaboliche, danno e morte cellulare. Lo stress origina da uno sbilanciamento del rapporto tra la produzione di radicali liberi [sia della specie reattive dell’ossigeno (ROS, Reactive Oxygen Species) sia di quelle dell’azoto (RNS, Reactive Nitrogen Species)] e la relativa neutralizzazione metabolica.

Le specie reattive dell’ossigeno e dell’azoto si generano durante i processi metabolici (le reazioni a carico dei substrati energetici sono reazioni di ossidoriduzione). Per questo il nostro organismo deve essere in grado di proteggersi e lo fa grazie ad un corteo di molecole ad azione antiossidante.

Grasso ectopico, sarcopenia e stress ossidativo

Nel soggetto obeso la captazione degli acidi grassi circolanti da parte della cellula adiposa risulta meno efficiente a causa di una difettosa regolazione dei recettori nucleari steroidei PPAR-γ (Peroxisome Proliferator Activated Receptors). Se nell’obeso la cellula adiposa fa fatica a captare gli acidi grassi liberi, va da sé che il loro livello ematico  risulterà aumentato (soprattutto a fronte di una dieta sbilanciata sui grassi e sugli zuccheri semplici). Si parla a tal proposito di lipotossicità.  In queste condizioni fegato e muscolo scheletrico rischiano di ingrassare anch’essi. Gli esperti definiscono grasso ectopico il grasso che si accumula a livello del parenchima epatico (epatosteatosi) o tra le fibrocellule dei muscoli scheletrici.

L’elevata concentrazione di grasso intorno al muscolo blocca la fosforilazione del recettore dell’insulina (IRS-1) e questo fenomeno impedisce la traslocazione dei trasportatori per il glucosio (GLUT-4) sulla membrana plasmatica. Si riduce così la captazione del glucosio insulino-mediata. Vi immaginate la conseguenza? Il muscolo, trovandosi in deficit di glucosio, va incontro a catabolismo proteico. È così che si diventa sarcopenici.

E non è finita qui. L’incremento di acidi grassi liberi e di glucosio circolanti determina un aumento della produzione di ROS. L’obesità è dunque associata ad un maggior stress ossidativo.

È a questo punto che si instaura un perverso circolo vizioso. Se è vero che l’obesità genera stress ossidativo è vero anche che lo stress ossidativo potrebbe svolgere un ruolo causale nello sviluppo dell’obesità. Ad esempio è stato dimostrato che i radicali liberi stimolano la deposizione di tessuto adiposo bianco e alterano l’assunzione di cibo: colture cellulari e studi su animali dimostrano che lo stress ossidativo aumenta la proliferazione dei pre-adipociti e la loro successiva differenziazione in adipociti maturi che tenderanno ad andare incontro ad un aumento di dimensioni (ipertrofia). ROS e RNS sembrano essere coinvolte nel controllo del peso corporeo, esercitando effetti diversi sui neuroni ipotalamici che regolano fame e sazietà.

Come ci difendiamo dallo stress ossidativo

Per controllare i livelli di ROS e RNS tutti i  tessuti possiedono molecole antiossidanti che lavorano in sinergia. Tra gli antiossidanti endogeni non enzimatici vanno citati urato, bilirubina, glutatione, coenzima Q10 e tioredoxina. Alcune proteine, quali ferritina, transferrina, lattoferrina e ceruloplasmina agiscono anch’esse come antiossidanti poiché sono capaci di legare e sequestrare metalli di transizione che, se in eccesso, potrebbero dare inizio a reazioni ossidative a catena (vedi reazione di Fenton).

Poi ci sono gli antiossidanti endogeni ad azione enzimatica. Questi sono la superossido dismutasi (SOD), la glutatione perossidasi (GPx), la glutatione reduttasi e S-transferasi, la catalasi, la tioredoxina reduttasi, la perossiredoxina (PRX) e la NAD(P)H/ubichinone ossidoriduttasi (NQO1).

Accanto agli antiossidanti endogeni vi sono anche quelli esogeni introdotti con la dieta come le vitamine A, E, K, C, l’acido lipoico, i polifenoli e i flavonoidi. Ed ecco qui il razionale che spiega il potere dimagrante dell’acido lipoico.

Ma, volendo riflettere, la verità è che non esiste la pillola magica del dimagrimento. Le regole per raggiungere e mantenere il peso forma sono sempre le stesse: una dieta equilibrata e bilanciata, la restrizione calorica, il consumo prevalente di alimenti di origine vegetale minimamente processati, l’attività fisica.

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