Immunometabolismo e disbiosi: la nuova frontiera nel trattamento delle malattie metaboliche

I microrganismi presenti nell’intestino contribuiscono a buona parte dei processi digestivi. Alcuni batteri sono in grado di sintetizzare amminoacidi a catena ramificata: leucina, isoleucina, valina ed in particolare glicina, quest’ultima necessaria ai fini della sintesi del glutatione. Il glutatione è un potente antiossidante capace di agire in ogni distretto corporeo e di svolgere un’azione disintossicante a livello epatico. Tra le altre cose  i batteri intestinali sintetizzano una grande varietà di molecole di segnalazione a basso peso molecolare e tra queste ricordiamo in particolare i gas metano, idrogeno e idrogeno solforato.

Tali molecole possono attivare o disattivare sia i geni dell’organismo ospite che i geni di virulenza dei microrganismi patogeni. Si comprende quale possa essere l’importanza di mantenere un buon equilibrio tra le varie popolazioni microbiche, condizione alla quale ci riferiamo con il termine di eubiosi.

La dieta gioca un ruolo chiave. Un’alimentazione basata sul consumo prevalente di alimenti di origine vegetale minimamente processati (il più possibile vicino alla loro versione integrale) favorisce la crescita dei batteri buoni (probiotici) che di conseguenza ostacoleranno la crescita dei batteri patogeni (patobionti).  Le fibre alimentari non vengono processate da noi bensì dai batteri intestinali che sono provvisti degli enzimi giusti (idrolasi e liasi). In condizioni di anaerobiosi (assenza di ossigeno), le specie appartenenti al genere Bacteroides e alle famiglie Clostridiaceae e Lactobacillaceae e in particolare Citrobacter e Serratia, producono acidi grassi a catena corta (Short Chain Fatty Acids, SCFAs). Si tratta di sostanze volatili in grado di attraversare la barriera emato-encefalica grazie a degli specifici trasportatori di monocarbossilato.

Gli SCFAs prodotti dai batteri intestinali sono l’acetato (2 atomi di carbonio), il propionato (3 atomi di carbonio) ed il butirrato (4 atomi di carbonio) e i loro rapporti molari variano da 3: 1: 1 a 10: 2: 1, rispettivamente. La maggior parte degli SCFAs vengono metabolizzati  ad anidride carbonica (CO2). Il butirrato ha come target i colonociti, le cellule caliciformi e le cellule di Paneth alle quali fornisce energia saturando oltre il 70% del loro fabbisogno energetico. In più regola l’apoptosi di queste cellule. Si tratta di un processo altresì noto come morte cellulare programmata ed è un modo per l’organismo di mantenersi in salute. Quando una cellula è mutata in senso neoplastico c’è un meccanismo di controllo che la induce a suicidarsi. È una morte composta, che non si associa ad infiammazione e che può essere vista come il sacrificio di uno per salvare tutti gli altri. Ebbene, il microbiota intestinale con le sue molecole di segnalazione prende parte a questo processo.

L’acetato e il propionato, al contrario del butirrato,  riescono a passare nel flusso sanguigno e vengono assorbiti dal fegato e dagli organi periferici, dove possono fungere da substrati per la gluconeogenesi (sintesi ex novo del glucosio) e per la lipogenesi (sintesi dei grassi). I recettori accoppiati alle proteine ​​G (G Protein Receptors, GPRs), GPR41 e GPR43, anche indicati con il nome di Free Fatty Acid Receptors  2 e 3 (FFARs 2/3) e presenti in molti tessuti (in particolare a livello del tessuto adiposo e delle cellule neuroendocrine intestinali), sono tra i principali recettori degli SCFAs.

In determinate condizioni fisiologiche, gli SCFAs possono indurre la secrezione di peptidi simili al glucagone (GLP-1 e GLP-2) e al peptide YY (PYY). GLP1 stimola le cellule β del pancreas a produrre insulina, mentre PYY inibisce l’assorbimento dei nutrienti nel lume intestinale e controlla l’appetito.

Ergo, una dieta ricca di verdura, frutta, cereali integrali sul modello della Dieta Mediterranea modula la composizione del consorzio microbico in modo che questo possa contribuire a farci sentire più sazi.

Ma come nella storia del Dottor Jekyll e del Signor Hyde (disbiosi versus eubiosi), il microbiota intestinale può stimolare la deposizione di grasso attraverso la regolazione del recettore nucleare del farnesoide X (Farnesoid X Receptor, FXR), il recettore degli acidi biliari che è a sua volta responsabile della regolazione della sintesi degli acidi biliari e dell’accumulo di trigliceridi a livello epatico. Gli acidi biliari, ad esempio l’acido desossicolico, hanno di per sé effetti antimicrobici e sono per di più capaci di indurre la sintesi di peptidi antimicrobici da parte del tessuto epiteliale intestinale. Vediamo un po’ di tradurre in parole semplici questi concetti.  Gli acidi biliari, prodotti a livello epatico ed accumulati a livello della cistifellea, hanno la funzione emulsionare e promuovere la frammentazione dei grassi di origine alimentare in minuscole micelle. Le micelle sono più facilmente aggredibili dagli specifici enzimi digestivi, le lipasi. Una dieta ricca in grassi (sul modello della Western Diet) porta ad un aumentato rilascio di acidi biliari. Ma come abbiamo visto gli acidi biliari hanno anche effetti antimicrobici e per questo i batteri intestinali hanno acquisito nel tempo la capacità di disattivarli (deconiugazione). Gli acidi biliari secondari deconiugati possono essere riassorbiti in minima parte dalla parete intestinale mediante diffusione passiva; in questo modo entrano nella circolazione enteroepatica e in seguito fungono da molecole di segnale a livello sistemico nell’organismo ospite. Uno dei messaggi che portano è che bisogna accumulare grasso a livello epatico!

Inizia così una nuova era, quella in cui si parla di immunometabolismo e di come questo possa essere condizionato da uno stato di disbiosi. Migliaia di metaboliti derivati ​​dal microbiota con funzioni ancora non conosciute saranno presto identificati come componenti del metabolismo umano. Del resto sappiamo già che i cambiamenti a carico del microbiota intestinale hanno un effetto epigenetico (di controllo dell’espressione genetica) non solo direttamente sulle cellule intestinali ma anche su linee cellulari distanti (epatociti e adipociti).

In questa nuova era chi fa il mio mestiere non potrà evitare di diventare esperto di microbiota intestinale. Buona parte delle soluzioni al trattamento del sovrappeso e dell’obesità verrà da lì.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.