L’evidenza scientifica ha fin qui dimostrato che i microrganismi che vivono nel nostro intestino svolgono un ruolo importante nel condizionare il metabolismo umano. Così, ad esempio, sappiamo che il consorzio microbico intestinale dei soggetti obesi è caratterizzato da una sovraccrescita dei batteri appartenenti al Phylum Firmicutes. Il rapporto Firmicutes/Bacteroidetes, anche noto come obesity ratio, è in questo caso superiore ad uno. I Firmicutes hanno la capacità di aumentare l’energy harvest del loro ospite. In altri termini fanno sì che sia possibile estrarre il massimo dell’energia dal cibo che mangiamo.

Con questa solida base di conoscenze ci si prepara ad una nuova era della Medicina, quella in cui per sconfiggere l’obesità non potremmo non tener conto del nostro microbiota intestinale.

Kintai Therapeutics, azienda pionieristica del settore, ha da poco dichiarato  che sta per sperimentare sull’uomo gli effetti di una molecola, KTX-0200, candidata a diventare il nuovo farmaco anti-obesità.   Nei modelli murini (topini obesi) KTX-0200 ha indotto una perdita di peso pari al 14% ed un aumento documentato della sensibilità all’insulina. La startup con sede a Cambridge, nel Massachusetts, mantiene il segreto sull’esatto meccanismo d’azione del principio attivo. È possibile che KTX-0200 abbia a che fare con la fitta rete di relazioni che passa tra il Sistema Nervoso Enterico, il Sistema Immunitario ed il microbiota intestinale.

Da una parte KTX-0200 potrebbe modulare l’assorbimento dei carboidrati , dall’altra potrebbe promuovere l’induzione dei linfociti T regolatori. I Treg hanno il compito di tenere a bada  l’infiammazione, riconosciuta come uno dei fattori determinanti dell’insulino-resistenza e della deposizione di grasso a livello viscerale (vedi fegato grasso o epatosteatosi). Non è un caso se in un modello murino di steatoepatite non alcolica (NASH) i ricercatori hanno osservato una riduzione del 30% del grasso epatico dopo la somministrazione di KTX-0200, una riduzione del 19% del peso totale del fegato e una riduzione del 38% degli enzimi epatici (in particolare delle GPT che sono un chiaro indicatore di danno epatico) .

Quali saranno i prossimi passi?

Se il farmaco dimostra di avere un livello di tossicità accettabile rispetto al beneficio previsto (profilo beneficio/rischio) allora si può passare alle successive fasi della sperimentazione. Si dovrà verificare l’attività terapeutica del potenziale farmaco, cioè la sua capacità di produrre anche sull’uomo un calo ponderale, il miglioramento dei parametri ematici, la riduzione dell’infiammazione sistemica di basso grado. Si potrà anche stabilire quale sarà la dose migliore da sperimentare nelle fasi successive.

E poi?

Poi si entra nella  fase 3  della sperimentazione. In questo caso i pazienti arruolati non sono più poche decine ma centinaia o migliaia. L’efficacia del farmaco sui segni e sintomi di malattia è confrontata con un placebo (sostanza priva di efficacia terapeutica) oppure con altri farmaci già in uso.

Quando, infine, il nuovo farmaco avrà dimostrato di avere un’efficacia sufficiente in rapporto agli eventuali rischi allora tutti i dati derivati dalle valutazioni precliniche e cliniche saranno raccolti in un dossier che verrà sottoposto all’autorità competente (per l’Italia l’AIFA) al fine di richiederne la registrazione e l’autorizzazione alla commercializzazione.

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