Fino al medioevo nei ricettari non v’è traccia della parola “polpetta”. Compare nel secolo XV grazie al Libro de Arte Coquinaria di Maestro Martino, cuoco dell’allora Camerlengo Patriarca di Aquleia. Passa ancora qualche secolo e Pellegrino Artusi, nel manuale La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene (1881) ce la presenta come piatto semplice a partire dagli avanzi di carne: “Questo è un piatto che tutti lo sanno fare…” (tratto dal libro “La polpetta perfetta” di Bruno Barbieri).
Ingredienti
- 200 g di riso venere
- 100 g di avena integrale
- 1 uovo
- 1 calamaro
- 40 grammi di mandorle
- pan grattato
- sale
- pepe
- curcuma
- aglio
- olio evo
- prezzemolo
Il riso Venere deve il suo nome al fatto che in passato gli venivano attribuite proprietà afrodisiache. Ottenuto dal re-incrocio di altre varietà, questo riso ha l’aroma del pane appena sfornato, contiene preziosi sali minerali (in particolare fosforo e potassio) ed ha un elevato potere antiossidante. Il colore nero gli deriva infatti dalla presenza degli antociani, le stesse molecole presenti nei mirtilli. Come tutti i risi integrali i tempi di cottura sono lunghi: dopo aver messo il riso in acqua fredda bisogna attendere 40 minuti dal raggiungimento dell’ebollizione. Ma se usate la pentola a pressione basteranno 20-25 minuti dal fischio!
Ho deciso di unire al riso venere l’avena per compensare la scarsa attitudine del primo a lasciarsi mantecare. In più in questo modo penso di aver contribuito ad aumentare il potere antiossidante del mio piatto. Avete mai sentito parlare di avenantramide? Questa parola che sembra quasi uno scioglilingua inizia con “avena” ad indicare che si tratta di qualcosa di veramente esclusivo. Se vogliamo assumere l’avenantramide non abbiamo altro modo che mangiare avena! Ma perché dovrebbe interessarci tanto? L’avenantramide ha un’attività antiossidante da 10 a 30 volte superiore a quella degli altri composti fitochimici. Questa sostanza è in grado di contrastare l’infiammazione a livello dei vasi e la formazione delle placche ateromasiche. Le fibre (b-glucano, arabinoxilano e cellulosa) non venendo né digerite né assorbite persistono nell’intestino e finiscono con il contrastare l’assorbimento di zuccheri e colesterolo. Sempre in virtù dell’alto contenuto in fibre questo cereale favorisce il riequilibrio della flora batterica residente (microbiota intestinale), spegne i fenomeni infiammatori a carico della mucosa e favorisce la regolarità e il benessere dell’intestino (Prasad R. Nutritional advantages of oats and opportunities for its processing as value added foods – a review. J Food Sci Technol 2015;52(2):662-675).
Adoro le mandorle a tal punto che se inizio a mangiarle non riesco a fermarmi. Per fortuna fanno bene. A cosa? Come al solito ce lo dice Pub Med. Se avete problemi di colesterolo saprete sicuramente che la frutta oleosa è un valido alleato. In un articolo del 2015 Jamshed et al arrivano alla conclusione che il consumo quotidiano di mandorle aumenta i livelli di colesterolo buono (HDL) in soggetti cardiopatici (Jamshed et al. Dietary Almonds Increase Serum HDL Cholesterol in Coronary Artery Disease Patients in a Randomized Controlled Trial. J Nutr 2015;145(10);2287-92).
Niente di nuovo direte voi. Dei benefici della frutta oleosa sul sistema cardiovascolare si parla già da un po’. Ma scommetto che non sapete (non lo sapevo neanch’io) che le mandorle hanno un effetto antivirale! Alcuni ricercatori hanno preso delle cellule mononucleari dal sangue periferico umano, le hanno infettate con il virus dell’herpes di tipo 2 e poi hanno trattato metà di queste cellule con un estratto di “pellicine” di mandorle (almond skin). E che cosa hanno visto? Le cellule nutrite con questo estratto erano stimolate a rilasciare una serie di molecole ad azione antivirale (si trattava delle citochine IFN-a, IFN-g e IL-4)! (Arena A. et al. Almond Skin Inhibits HSV-2 Replication In Peripheral Blood Mononuclear Cells by Modulating the Cytokine Network. Molecules 2015;20(5):8816-22). Dunque mangiate pure le mandorle tutti i giorni ma con la pellicina, mi raccomando (e non più di 20 grammi se ci riuscite)!
Della curcuma conosciamo le proprietà antiinfiammatorie e analgesiche. Purtroppo sappiamo anche che la biodisponibilità del principio attivo (curcumina) è scarsa. Hai voglia a curarsi l’artrosi a colpi di curcuma come spezia! Le case farmaceutiche che si occupano di fitoterapia tendono per questo ad associarla ad un estratto di Piper nigrum, il comune pepe. Questo perché la piperina ha la capacità di inibire gli enzimi intestinali ed epatici preposti alla biotrasformazione e alla eliminazione dei farmaci e noti come citocromi. Stupisce il fatto che nella tradizione ayurvedica si pensasse già all’associazione tra curcuma e pepe! A questo punto, per non saper né leggere né scrivere, ogni volta che uso la curcuma aggiungo sempre anche il pepe e l’olio (il principio curativo è liposolubile)!
Con questo prezioso carico di ingredienti ci apprestiamo a realizzare la mia ricetta.
Ho fatto cuocere il riso Venere in pentola a pressione per 25 minuti. Ho cotto separatamente l’avena in modo che mantenesse il suo colore. Ho tritato le mandorle e il prezzemolo. Ho tagliato a dadini il calamaro e l’ho fatto cuocere.
A questo punto ho mescolato gli ingredienti. Ho preparato le mie polpette passandole alla fine nel pangrattato. Le ho messe in una teglia da forno versando sopra ad ognuna un po’ di olio e le ho fatte cuocere per 15 minuti a 180 °C.
Buon appetito a tutti!
Grazie!!! Questa ricetta è strepitosa. E la cosa piu bella è che impariamo un sacco di cose utili sulle caratteristiche degli alimenti…
Grazie a te Anna dell’incoraggiamento! Mi piace tantissimo scrivere articoli di questo tipo… in genere mi lascio ispirare dalle materie prime, poi vado a ricercare su Pub Med gli articoli più recenti sugli effetti benefici di quel particolare ingrediente, poi mi diverto a preparare la ricetta e alla fine ho anche qualcosa di buono da mangiare! 🙂