In ogni campo dello scibile umano i progressi avanzano a piccoli passi… poi ogni tanto avvengono delle vere e proprie rivoluzioni. In ambito medico si va parlando da un po’ di *microbiota revolution*, se ne parla a livello dei salotti televisivi, sulle pagine FB dedicate alla nutrizione e allo studio del microbiota e se ne parla a livello di comunità scientifica (tantissimi gli articoli dedicati all’argomento sulle riviste a più alto impact factor).

Sono sempre di più le evidenze che documentano la relazione esistente tra lo stato di salute del consorzio microbico intestinale (il microbiota per l’appunto) e lo stato di salute del resto del corpo, mente inclusa. L’alterazione quali-quantitativa della flora batterica residente prende il nome di disbiosi ed è contrapposta ad una condizione di pieno equilibrio indicata con il termine eubiosi. La disbiosi è il più delle volte legata alla sovraccresita di batteri capaci di indurre uno stato infiammatorio (quelli appartenenti al Phylum Protebacteria) ed è coinvolta nella patogenesi dell’atopia, della malattie autoimmuni, delle malattie infiammatorie intestinali (dalla sindrome del colon irritabile al morbo di Crohn), del carcinoma del colon-retto, delle patologie dismetaboliche (prediabete e diabete) di quelle cardiovascolari e neurodegenerative (demenza senile e Alzheimer).

Prendiamo a modello la sindrome del colon irritabile. Si tratta di una condizione molto frequente che interessa prevalentemente il sesso femminile e che si caratterizza per la presenza di un discomfort intestinale (intestino dolente, gonfio, infiammato…) con alterazioni dell’alvo (stipsi, diarrea, alvo alterno). Fino a qualche tempo fa, una volta escluse le patologie più gravi caratterizzate dallo stesso corteo di sintomi, si liquidava il paziente dicendo che si trattava di una condizione psicosomatica che, tradotto in altri termini, significava: il tuo intestino è normale, è la tua testa che non va! Il medico concludeva il discorso dicendo: *Il problema è lo stress, si curi lo stress*.

Lo stress fa indubbiamente parte del problema, è uno dei fattori determinanti ma non è l’unico. La sindrome del colon irritabile è una di quelle condizioni complesse in cui ogni aspetto del nostro vissuto porta il suo contributo. A ragion di logica la soluzione a problemi complessi non può essere semplice (se esistesse una soluzione del genere la chiameremmo *bacchetta magica*)… deve essere a sua volta complessa. Lo stress del resto, da un punto di vista medico, non è un’entità astratta ma si traduce in danno disfunzionale ed organico perché porta alla produzione di mediatori chimici ad azione pro-infiammatoria mentre deprime la produzione dei fattori di difesa.

Quante volte mi è capitato di dover dare una spiegazione a pazienti con sindrome del colon irritabile, perplesse ed amareggiate perché non erano riuscite a trovare una soluzione al loro problema neanche andando a consulto dai grandi luminari.

La sindrome del colon irritabile non può essere risolta a suon di probiotici, prebiotici, procinetici e così via dicendo. Da Medico non rinnego l’utilità di un simile approccio (ho studiato e sto studiando per questo). La verità è che di fronte ad una condizione multifattoriale dobbiamo trovare il coraggio, la voglia ed il metodo per agire contemporaneamente su più fattori: la dieta, lo stile di vita, l’eventuale integrazione, l’atteggiamento mentale e così via. Si tratta a tutti gli effetti di una vera e propria rivoluzione. Ma ne ho viste di persone che partivano in quarta per poi arrendersi dopo poco, non appena prendevano coscienza che questa rivoluzione non faceva altro che aggravare lo stato di stress. Come si suol dire Roma non è stata costruita in un giorno e una condizione come quella del colon irritabile va gestita adottando cambiamenti millimetrici se non vogliamo far irritare di più un intestino già irritato.

Per mia utilità e per quella dei miei pazienti leggo molti manuali che parlano di crescita personale e seguo già da un po’ Luca Mazzucchelli. Ho letto di recente il suo libro Fattore 1%, piccole abitudini per grandi risultati e pensando al libro mentre pensavo anche alla sindrome del colon irritabile mi è capitato di mettere le due cose assieme. La chiamano intuizione, non una di quelle che ti fa vincere il Premio Nobel ovviamente, e nasce sempre dalla contaminazione di un campo di conoscenza con un altro.

Il Medico del nuovo mellennio non si limiterà ad essere un profondo conoscitore dell’organo o dell’apparato di suo specifico interesse, ma dovrà fornirsi degli strumenti per comprendere la persona che ha di fronte (sostengo da sempre l’utilità di inserire gli studi umanistici nelle facoltà di medicina). E dovrà essere capace di comprendere la persone in maniera empatica. Come scrive Carl Rogers nel suo On becoming a person, «l’empatia, la congruenza e la considerazione positiva incondizionata (attenzione uniformemente sospesa) sono tutti elementi necessari e sufficienti per ottenere cambiamenti efficaci nei clienti».

Il Medico del nuovo millennio considererà l’empatia come uno dei suoi farmaci migliori, saprà leggere il test del microbiota intestinale, saprà prescrivere la giusta dieta e la giusta integrazione e tra le altre cose consiglierà delle ottime letture come Fattore 1%.

 

 

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