Alimenti fermentati

La premessa

Esiste un sistema di classificazione degli alimenti in base al loro contenuto di batteri vivi e vitali messo a punto dal NHANES (National Health and Nutrition Examination Survey). Le categorie sono tre: alimenti a basso contenuto di microrganismi, a contenuto medio e alto.  Esiste poi uno studio cross-section nel quale si dimostra che il consumo di alimenti fermentati è aumentato nelle ultime decadi.

Così a qualcuno è venuta la curiosità di verificare se l’incremento nel consumo di cibi latto-fermentati si associ anche ad un miglior stato di salute della popolazione analizzata.

La comunità scientifica è portata a pensare che questa correlazione esista. Già solo qualche anno fa lo scienziato di fama mondiale Martin J. Blaser ha pubblicato un libro dal titolo “Missing microbes“, tradotto in italiano con la frase “Che fine hanno fatto i nostri batteri?” Non possiamo sperare di stare bene se stiamo prendendo di mira il nostro microbiota intestinale attraverso un’alimentazione impropria e attraverso l’uso irrazionale degli antibiotici.

In questo libro descrivo di come stiamo cambiando la nostra ‘microecologia’ con risultati disastrosi. Non desidero proibire gli antibiotici, chiedo soltanto che vengano utilizzati con maggiore saggezza e che vengano sviluppati degli antidoti ai loro peggiori effetti collaterali”, scrive Blaser nel suo epilogo: “gli antibiotici hanno un costo biologico oltre che chiari benefici, influenzano i batteri ‘amici’, e tutto ciò che cambia i nostri microbi antichi ha per l’organismo un potenziale costo in termini di salute. E’ giunto il momento di prendere decisioni importanti.

Dieta e microbiota intestinale

La tipica Dieta occidentale (Western diet) si caratterizza non solo per l’abbondanza di zuccheri semplici e di grassi saturi ma anche per il prevalente consumo di alimenti che durante la filiera produttiva sono stati sottoposti a processi di pastorizzazione e di altri la cui vita sugli scaffali (shelf life) si prolunga in virtù dell’aggiunta di sostanze batteriostatiche (conservanti alimentari).

Non era così negli anni passati quando l’alimento di base veniva sottoposto a processi fermentativi per essere conservato a lungo e consumato durante il periodo invernale.

Avrete sentito parlare di “ipotesi igienica“. Il pensiero di fondo è che, stante l’alto grado di “sterilizzazione” del nostro cibo e degli ambienti in cui viviamo, il nostro Sistema Immunitario si sbilancia dando il via a patologie autoimmuni. Colpisce il dato statistico dell’aumentata prevalenza di queste patologie e della loro anticipazione (si incontrano in età sempre più giovani).

Microbi e salute: cosa sappiamo già?

Tanto per cominciare l’intestino è la palestra nella quale si allena il nostro Sistema Immunitario. Così come una trincea di prima linea ha bisogno di essere protetta a mezzo di sacchi di terra, filo spinato e postazioni di mitragliatrici, allo stesso modo la mucosa intestinale ha bisogno di essere protetta dal GALT (Gut Associated Lymphoid Tissue), ovvero dal tessuto linfoide associato all’intestino. Lungo tutte le pareti intestinali ritroviamo vari tipi di tessuti linfatici a formare raggruppamenti o follicoli isolati (scopri qualcosa di più sul GALT).

Il GALT a sua volta non ha soltanto il compito di proteggerci dall’azione di germi patogeni ma gioca un ruolo fondamentale nella regolazione dell’infiammazione fisiologica. Siamo abituati a pensare che l’infiammazione con il suo corteo di segni e sintomi sia soltanto una grande scocciatura. Ma non bisogna trascurare il fatto che gonfiore, rossore, dolore e perdita della funzionalità (tumor, rubor, dolor et functio lesa) sono il primo passo verso la guarigione (scopri perché l’infiammazione è il primo passo verso la guarigione).

A livello intestinale il mantenimento della corretta e funzionale infiammazione è fondamentale per l’immunotolleranza. Che cos’è l’immunotolleranza? Se il nostro organismo viene aggredito da un virus caratterizzato da una certa patogenicità è giusto che il nostro Sistema Immunitario si faccia sentire mettendo in campo le più svariate strategie (dalla fagocitosi ad opera dei macrofagi fino alla produzione di anticorpi). Ma cosa succederebbe se un Sistema Immunitario impazzito cominciasse ad aggredire lo stesso organismo di cui è guardiano?

Ebbene l’immunotolleranza è il meccanismo che consente al Sistema Immunitario di distinguere tra il self (se stesso) e il non self e tra germi patogeni e commensali senza innescare reazioni infiammatorie esagerate  e senza virare verso l’autoimmunità. Ma quando l’equilibrio tra microbiota, mucosa intestinale e GALT si rompe passiamo da una infiammazione fisiologica ad una infiammazione cronica di basso grado (Low Grade Chronic Inflammation).

Questa è una delle possibili spiegazione della crescente incidenza di malattie autoimmuni!

Bastano un’alimentazione scorretta, uno stile di vita stressogeno e il ricorso frequente ai farmaci (in particolare agli antibiotici) per determinare la comparsa di una disbiosi intestinale. I germi patogeni prendono il sopravvento a scapito dei batteri buoni e inducono il nostro Sistema Immunitario a produrre citochine pro-infiammatorie. Ma non è finita qui! La flora patogena si rende responsabile anche della produzione di amine biogene (putrescine, cadaverine…) che allentano il legame tra una cellula intestinale e l’altra. Saldamente uniti a mezzo di giunzioni serrate (tigh-junction) gli enterociti tendono ad allentare la loro morsa. E’ così che si arriva ad avere un intestino poroso. Gli esperti parlano a tal proposito di Leaky Gut Syndrome.

Se prima dell’instaurarsi di una Leaky Gut Syndrome la mucosa intestinale ha la capacità di lasciar passare solo quello che serve, appena l’intestino diventa poroso la selettività si perde. Non è un fatto di poco conto visto che nel lume intestinale albergano diversi germi patogeni!

Dunque “disbiosi intestinale + intestino poroso” corrisponde sempre ad una  Low Grade Chronic Inflammation e sul piano clinico questa condizione è associata ad allergie, malattie autoimmuni ed obesità. L’obesità, già da tempo considerata una condizione infiammatoria, è a sua volta associata ad un’alimentazione ricca in grassi (high-fat diet). I grassi non sono soltanto i più calorici tra i macronutrienti (forniscono 9 kcal per grammo) ma una volta ridotti a trigliceridi sono anche il vettore dell’LPS o lipopolisaccaride .

L’LPS è uno dei componenti della parete cellulare dei batteri gram-negativi. Questa grande molecola, formata da una porzione lipidica e una polisaccaridica, è in grado di suscitare forti risposte immunitarie nell’organismo ospite. Quando l’LPS arriva nel sangue gli esperti parlano di endotossiemia.

L’organismo ospite siamo noi e se tutto va bene ci difendiamo con una mucosa intestinale integra ed altamente selettiva. Ma anche in queste condizioni l’LPS ha il suo cavallo di Troia! Gli scienziati hanno analizzato l’endotossiemia di 40 soggetti obesi in condizioni basali (leggasi a digiuno) e dopo un pasto ricco in grassi. Quello che sono stati in grado di dimostrare è che l’endotossiemia si alzava di pari passo ai trigliceridi e ai chilomicroni.

I chilomicroni sono le lipoproteine che inglobano i trigliceridi ed il colesterolo introdotti con la dieta e sono in grado di viaggiare attraverso il sistema linfatico… ed è questo il cavallo di Troia dell’LPS (qualche notizia in più sui chilomicroni).

Ma attenzione! Non ha senso intraprendere una dieta senza grassi per controllare il fenomeno dell’endotossiemia. Quello che si deve evitare è come sempre l’eccesso. Immaginate un pasto luculliano nel quale tra stuzzichini, primi, secondi e dolci ingeriamo più grassi di quanti ne sarebbero sufficienti in una settimana. Immaginate adesso come vi sentirete il giorno dopo. Più grassi? No… ma sicuramente più infiammati. Se combattete già con qualche dolore articolare… il giorno dopo (mi verrebbe da dire the day after…) i dolori saranno più forti. “Che avrò fatto mai?” vi chiederete… “neanche fossi andato a zappare… in realtà sono stato sempre seduto… ma forse è stare seduto che mi fa male…”

Ok… interrompo questo ciclo di pensieri immaginari che come potete vedere porta alla conclusione sbagliata… responsabile dei nostri dolori aumentati è l’endotossiemia.

Cosa fare dunque? Garantirsi attraverso stile di vita, alimentazione ed integrazione un microbiota altamente performante. Insomma bisogna mangiare bene avendo come obiettivo non solo il mantenimento di un peso ottimale ma anche la migliore gestione possibile della nostra barriera intestinale. Che ci siano degli studi scientifici che arrivano a dimostrarlo ci fa piacere, ma già facendo riferimento al buon senso è facile pensare che una dieta in cui grassi saturi e zuccheri semplici vengono soppiantati da alimenti latto-fermentati possa essere di grande vantaggio per la nostra salute.

Cosa hanno pensato di fare gli scienziati del NHANES?

Il National Health and Nutrition Examination Survey è un programma di ricerca condotto dal National Center for Health Statistics per valutare la salute e lo stato nutrizionale di adulti e bambini negli Stati Uniti e per tenere traccia dei cambiamenti nel tempo. Le informazioni relative alla dieta sono state ottenute tramite un recall delle 24 ore (What We Eat in America o WWEIA). Il metodo del recall consiste in una intervista relativa all’assunzione di cibi e bevande nelle 24 ore precedenti. ´

Tutti i soggetti di età superiore ai 19 anni che avevano partecipato allo studio NHANES tra il 2001 e il 2018 e di cui era disponibile un recall delle 24 ore sono stati inclusi nello studio.

In base al loro contenuto in microrganismi vivi e vitali gli alimenti sono stati classificati in tre categorie:

  • a contenuto basso (low) <104 UFC/g (UFC sta per Unità Formanti Colonia);
  • a contenuto medio (medium) 104 –107 UFC/g;
  • a contenuto alto (high) >107 UFC/g):

La commissione di esperti che ha preso parte allo studio ha distinto gli alimenti tra fermentati e non fermentati. Un alimento fermentato è tale se per produrlo è stata realizzata una crescita batterica con conversione enzimatica di alcune componenti dell’alimento in metaboliti secondari (esempio dello yoghurt con la conversione del lattosio in acido lattico). I cibi ottenuti tramite fermentazione ma che alla fine del processo produttivo non contengono microrganismi vivi e vitali (vedi pane o caffè) sono stati esclusi. Molti degli alimenti fermentati derivavano dal latte (vedi buttermilk, formaggio e yoghurt). Frutta e verdura latto-fermentate sono state incluse nella lista degli alimenti fermentati in ragione del fatto che possono contenere microrganismi vivi e vitali non essendo sottoposte a trattamenti termici (vedi pastorizzazione).

Per inciso il buttermilk o latticello è il sottoprodotto della trasformazione in burro della panna (vuoi sapere come preparare il latticello in casa? clicca qui).

I parametri fisiologici analizzati sono stati la proteina C reattiva (PCR), la glicemia, l’insulinemia basale, la pressione arteriosa, i parametri antropometrici (BMI, circonferenza della vita, peso corporeo); i livelli di lipidi plasmatici (colesterolo totale, LDL, HDL, trigliceridi)

Lo studio dimostra che esiste un link tra un regolare consumo di alimenti fermentati e valori ottimali di pressione arteriosa, lipidi plasmatici e parametri antropometrici. Sulla base dell’evidenza scientifica si dovrebbe arrivare a consigliare il consumo giornaliero di una certa quantità di alimenti fermentati così come si è fatto per le fibre alimentari. Studi prospettici di coorte ci hanno consentito di dimostrare che 14 grammi di fibre ogni 1000 kcal di cibo ingerito ci proteggono dal rischio cardiovascolare. Ma lo stesso vale anche per gli alimenti fermentati come dimostrano lo studio scientifico che ha ispirato questo mio articolo e altri studi di uguale spessore.

Assumere alimenti fermentati oppure ricorrere alla supplementazione con probiotici modula la composizione del consorzio microbico e porta all’aumentata produzione di GLP-1 (Glucagon-Like Peptide 1) e di acidi grassi a catena corta (Short-chain fatty acids).  Il GLP-1 viene rilasciato, subito dopo l’assunzione di un pasto, da cellule specializzate presenti nel nostro intestino. GLP-1 agisce in modo da

  • modulare il rilascio di insulina da parte delle beta-cellule pancreatiche;
  • inibire la secrezione del glucagone;
  • rallentare lo svuotamento gastrico;
  • e incrementare il senso di sazietà dopo il pasto.

Quest’ultimo effetto è dovuto in parte alla modulazione nel rilascio di insulina, in parte al rallentato svuotamento gastrico ma è soprattutto la conseguenza del fatto che GLP-1 agisce sui recettori cerebrali preposti al controllo dell’appetito. GLP-1 è, infatti, in grado di passare attraverso la barriera emato-encefalica e di raggiungere il centro della sazietà a livello ipotalamico. Il maggior senso di sazietà aiuta a consumare meno cibo e, conseguentemente, a ridurre il peso corporeo. Una delle principali difficoltà dello stare a dieta, secondo quanto riferito dai pazienti, è infatti proprio legata agli attacchi di fame.

Per quanto la ricerca scientifica si stia concentrando ultimamente sullo studio dei singoli ceppi batterici rincorrendo il concetto che il singolo ceppo può esercitare un’azione specifica sul nostro organismo, alcuni studi dimostrano che i probiotici, se assunti in quantità adeguate, hanno azioni benefiche sulla nostra salute indipendentemente dal ceppo di appartenenza.

I benefici di un consumo regolare dia alimenti fermentati possono essere così elencati:

  • riduzione del peso corporeo e di conseguenza del BMI;
  • riduzione della circonferenza vita;
  • riduzione dei livelli di glicemia e insulinemia basali (promuovono dunque una migliore insulino-sensibilità);
  • protezione dal rischio cardiovascolare;
  • miglioramento della funzionalità del gastro-enterico;
  • potenziamento del Sistema Immunitario;
  • aumento della biodiversità del microbiota intestinale, che risulta essere più ricco in generi e specie batteriche;
  • riduzione degli indicatori di stato infiammatorio (PCR, VES, fibrinogeno).

Le conclusioni

Una dieta in cui manchino gli alimenti fermentati non può considerarsi una dieta sana. Se state pensando di fare qualcosa che porti un grande vantaggio alla vostra salute presente e futura, allora dovreste consumare con regolarità uno o più dei seguenti alimenti:

  1. miso (giapponese),
  2. kombucha (cinese),
  3. kimchi (coreano),
  4. labneh (mediorientale),
  5. lassi (indiano),
  6. crauti,
  7. cetrioli e carote sott’aceto,
  8. yogurt,
  9. kefir.
  10. garum (colatura di alici).

 

Riferimento bibliografico

Hill C, Tancredi DJ, Cifelli CJ, Slavin JL, Gahche J, Marco ML, Hutkins R, Fulgoni VL 3rd, Merenstein D, Sanders ME. Positive Health Outcomes Associated with Live Microbe Intake from Foods, Including Fermented Foods, Assessed using the NHANES Database. J Nutr. 2023 Apr;153(4):1143-1149. doi: 10.1016/j.tjnut.2023.02.019. Epub 2023 Feb 22. PMID: 36822397; PMCID: PMC10196563.

 

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