Parafrasando il titolo di un saggio di Thomas Merton, potremmo dire che nessun intestino è un’isola. Il senso di questa frase vi sarà chiaro tra poco.

Se è vero che un intestino sano si mantiene silente (quasi non ci accorgiamo di averlo), è vero anche che un intestino infiammato si fa sentire con una serie di sintomi che nel complesso passano sotto il nome di sindrome dell’intestino irritabile (o Irritable Bowle SyndromeIBS). Si stima che tra il 10 e il 20% della popolazione mondiale soffra di questa condizione.

Il medico dovrebbe prendere in considerazione la diagnosi di sindrome dell’intestino irritabile di fronte ad ogni paziente che riferisca dolore o discomfort addominale alleviato dall’evacuazione. Il dolore è accompagnato da altri sintomi quali un alterato transito intestinale (sforzo, urgenza, evacuazione incompleta), il gonfiore addominale, la sensazione di addome duro, il peggioramento dei sintomi in corrispondenza dei pasti e la presenza di muco.

Sonnolenza, nausea, mal di schiena e disturbi urinari sono comuni nei pazienti con sindrome dell’intestino irritabile.

Ma come succede che un intestino silente divenga irritabile?

Non vi è dubbio che vi sia una connessione tra mente e intestino. Così, ad esempio, un atteggiamento ansioso può favorire la comparsa di IBS o aggravarne i sintomi. Il buon medico deve dunque poter prendere in esame anche lo stile di vita del paziente e la sua capacità di gestire lo stress. Detto questo, tra i principali determinanti dell’IBS vi è un’alterazione qualitativa e quantitativa della flora microbica intestinale (microbiota intestinale).

L’alterazione quali-quantitativa della flora microbica residente è detta disbiosi e si contrappone all’eubiosi.

Un intestino disbiotico spesso lo è in virtù di una maggiore crescita dei batteri appartenenti al Phylum Proteobacteria. Tra questi vanno ricordati Acinetobacter, Bilophila, Brevundimonas, Campylobacter, Enterobacter, Escherichia-Shigella, Haemophilus, Hafnia, Klebsiella, Pseudomonas, Salmonella. Li riconoscete? Sono tutti batteri potenzialmente patogeni e sono tutti gram negativi. Se sono presenti in piccole proporzioni (1,25% del consorzio microbico) svolgono funzioni utili per il nostro intestino. Se invece crescono allora diventano dei patobionti , acquisiscono cioè la capacità di indurre una risposta mediata dai linfociti T non fisiologica.

In generale una grande abbondanza di batteri gram negativi è stata messa in relazione con:

  •  steatosi ed infiammazione epatica;
  • infiammazione dell’omento;
  • insulino-resistenza e diabete mellito di tipo 2;
  • sindrome metabolica;
  •  malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI, morbo di Crohn, Rettocolite Ulcerosa);
  • manifestazioni atopiche (rush cutaneo, dermatite atopica, rinosinusiti).

L’infiammazione LPS-mediata

I batteri gram negativi presentano a livello della loro membrana cellulare una molecola nota come LipoPoliSaccaride (o LPS).  L’LPS è formato da una porzione lipidica e da una polisaccaridica ed è in grado di suscitare forti risposte immunitarie negli animali.

Quando i batteri giungono a morte la loro membrana cellulare si disgrega e libera l’LPS che tende a diffondere attraverso la mucosa intestinale resa più permeabile per effetto della disbiosi.

L’LPS che filtra attraverso un intestino poroso incontra le stazioni linfonodali presenti a livello della sottomucosa e induce il rilascio di citochine pro-infiammatorie da parte di cellule specializzate. Le prime citochine che vengono prodotte nell’infiammazione sono:

  •  TNF-alfa;
  •  IL-1;
  •  IL-6.

Con riferimento ad esse si parla anche di triade infiammatoria.  In particolare il TNF-alfa è il principale mediatore della risposta infiammatoria acuta nei confronti dei batteri gram negativi e di altri microrganismi patogeni.  Ma nessun intestino è un’isola, così abbiamo detto all’inizio di questo articolo.  Le citochine pro-infiammatorie non possono non diffondere attraverso il circolo ematico raggiungendo così tessuti ed organi distanti.  È così che un intestino infiammato produce un organismo infiammato.

Le strategie per contrastare l’infiammazione (sistemica di basso grado)

Quali sono le cose da fare per contrastare la comparsa di uno stato infiammatorio?

  1.  acquisire tecniche di gestione dello stress (buona parte dei nostri problemi è nella nostra testa);
  2.  praticare attività sportiva (lo sport è vita);
  3. fare pasti regolari dedicandovi un tempo adeguato (mangiare di fretta mentre si pensa alla lista delle cose da fare non è una buona strategia);
  4. bere almeno 8 bicchieri di acqua al giorno;
  5. ridurre l’assunzione di alcol e bevande gassate;
  6. limitare il consumo di the e caffè a 3 tazze al giorno;
  7. adottare un’alimentazione la più varia possibile e basata sul consumo prevalente di alimenti di provenienza vegetale e minimamente processati;
  8. prevedere nella propria dieta il consumo di alimenti latto-fermentati.

Conclusioni

L’infiammazione LPS-mediata è alla base di molte patologie cronico-degenerative. L’intestino è la fucina di questa infiammazione che porta prima o poi ad un organismo infiammato. È per questo che, in un’ottica di cura e di prevenzione, nessun medico specialista può disinteressarsi di quello che avviene nell’intestino dei propri pazienti.

 

 

 

 

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