Probabilmente non tutti lo sanno ma l’epidemia più pericolosa dei nostri giorni è quella che vede la coesistenza di diabete ed obesità. Le cause che la sostengono sono molteplici, le conseguenze sul nostro stato di salute sono allarmanti. L’aspetto più critico di questo fenomeno è il coinvolgimento dei più piccoli. Quando lo dico suscito sempre sorpresa e rammarico nell’interlocutore ma è bene che tutti sappiano che i nostri bambini si stanno ammalando delle patologie che un tempo erano confinate all’età senile (diabete alimentare di tipo 2 o DMT2, epatosteatosi).

Auspico una presa di coscienza da parte delle istituzioni perché si possa invertire questa tendenza. Nel frattempo scrivo articoli divulgativi per non restare con le mani in mano.

Il ruolo dell’intestino e del microbiota intestinale

Non vi è dubbio che quello che mangiamo ha un impatto sull’intestino, sull’integrità della barriera intestinale e sulla composizione del microbiota (l’insieme di microrganismi che abitano l’intestino). La barriera intestinale serve ad isolare questo distretto dal resto del corpo in modo che possa passare solo quello che serve. Il carico tossico formato in parte dalle carcasse dei batteri gram negativi rimane nel lume intestinale e viene eliminato con il materiale fecale. La barriera intestinale è formata da:

  • muco;
  • epitelio intestinale (tight junctions);
  • barriera immunologica (cellule dendritiche, linfociti B e T);
  • barriera vascolare;
  • barriera epatica (cellule di Kupfer, macrofagi, cellule stellate).

La disbiosi, intesa come alterazione quali-quantitativa della flora batterica residente, porta all’alterazione strutturale e funzionale della barriera intestinale. La conseguenza è che il carico tossico travalica i confini dell’intestino per andare a far danno in altri distretti. Si parla a tal proposito di infiammazione sistemica di basso grado o metainfiammazione. Un organismo infiammato in maniera cronica e sistemica soffre di una condizione nota come sindrome plurimetabolica. Gli aspetti clinici di questa articolata condizione possono così essere elencati:

  • epatosteatosi (Non Alcoholic Fatty Liver Disease, NAFLD);
  • dislipidemia aterogena;
  • patologie neurodegenerative;
  • aterosclerosi;
  • ipertensione arteriosa;
  • insulino-resistenza;
  • malattie auto-immuni;
  • cancro.

Avete idea di quanti farmaci si devono cominciare a prendere, a volta ancora giovani, per una condizione plurimetabolica generata in gran parte da alimentazione e stile di vita scorretti?

Le cose giuste da fare fin dalla prima infanzia

Il microbiota intestinale si forma nei primi anni di vita sotto l’influsso dei fattori ambientali. La dieta di riferimento per poter allevare un microbiota sano, stabile e robusto è quella basata sul consumo prevalente di alimenti di provenienza vegetale minimamente processati. Il modello alimentare al quale dovremmo ispirarci è quello della Dieta Mediterranea, ricca di polifenoli e di antiossidanti in generale e caratterizzata dalla presenza di grassi buoni (acidi grassi mono e polinsaturi).  Utile il consumo di alimenti latto-fermentati come lo yoghurt, il kefir, i crauti.

Importante è il ruolo delle fibre alimentari che vengono convertite dai batteri intestinali in acidi grassi a corta catena (Short Chain Fatty Acids, SCFAs). In particolare i Bacteroidetes producono acido butirrico e propionato che svolgono effetti metabolici favorevoli (ad esempio favoriscono il rilascio di GLP-1, un’incretina in grado di regolare il metabolismo degli zuccheri).

Lo stile di vita ha anch’esso un grande impatto: giocare all’aria aperta, entrare in contatto con più persone possibile, avere un animale domestico, dormire un sonno continuo e riposante, praticare la meditazione, volersi bene (volersi bene prima di ogni altra cosa).

Al contrario vivere in ambiente confinato, mangiare cibo industriale, fare frequente ricorso ai farmaci (antibiotici, inibitori di pompa protonica… giusto per citare quelli di cui si abusa di più) ha un effetto DEVASTANTE sulla nostra salute.

Fingerprint fenotipico del microbiota nel paziente obeso con sindrome plurimetabolica

Alcuni studiosi qualche anno fa hanno parlato di principio Anna Karenina. Parafrasando l’incipit del famoso romanzo hanno avuto modo di scrivere in un interessante articolo che: tutti gli intestini eubiotici si assomigliano ma ogni intestino disbiotico è disbiotico a modo suo. Nella mia pratica clinica ho potuto verificare che è proprio così.

Ad ogni modo nel paziente con sindrome plurimetabolica c’è come un fingerprint fenotipico del microbiota intestinale che si caratterizza per una riduzione della biodiversità, per un aumento dei batteri appartenenti al Phylum Firmicutes, per una riduzione dei Bacteroidetes, per un aumento della gram-negatività. Succede così che, sotto l’azione infiammatoria esercitata dai batteri gram-negativi, le giunzioni serrate che tengono uniti un enterocita all’altro si allentano, i frammenti della membrana batterica (vedi Lipopolisaccaride o LPS) passano attraverso la mucosa intestinale divenuta patologicamente permeabile, l’infiammazione diventa un fatto sistemico.

Sul piano clinico comincia a comparire l’insulino-resistenza, aumenta il livello dei trigliceridi circolanti e del colesterolo LDL (detto cattivo), diminuisce il livello del colesterolo HDL (detto buono), aumenta il rischio cardiovascolare. Entra in gioco anche l’asse intestino-cervello (Gut-Brain Axis) con aumento del cortisolo (ormone dello stress) e comparsa di sindrome ansioso-depressiva.

Se dunque i Bacteroidetes con la loro produzione di acido butirrico ci proteggono, i Firmicutes sono in parte responsabili di questa catena di eventi. L’acido acetico da essi prodotto si trasforma in AcetilCoA che è a sua volta substrato per la lipogenesi (sintesi ex novo di acidi grassi) e per la sintesi del colesterolo.

Quando, attraverso la circolazione entero-portale, il carico tossico giunge al fegato si avvia un graduale processo degenerativo con gli epatociti che si infarciscono di grasso. Steatosi, fibrosi e sclerosi portano dapprima ad un’alterata funzione epatica e poi ad una perdita di tessuto. In una percentuale dei casi ci può essere la comparsa della cirrosi (come quella che esita dall’abuso di bevande alcoliche).

Anche il grasso viscerale si infiamma… e infiammandosi diviene esso stesso fucina di fattori infiammatori (IL-1, IL-6, TNF-alfa).

La strategia di prevenzione e di cura

La metformina, il farmaco di prima scelta in caso di obesità e alterato metabolismo degli zuccheri, svolge la sua azione terapeutica agendo su alcuni meccanismi intracellulari. Sugli stessi meccanismi agiscono, con effetto paragonabile al farmaco, la restrizione calorica e l’esercizio fisico.

Detto questo la metformina è un medicinale per il quale nutro grande simpatia. Il principio attivo è un dimetil-biguanide estratto dalla Galega officinalis. La prima evidenza scientifica della sua efficacia nel curare il diabete di tipo 2 risale al 1957 (Sterne). Da allora la metformina è diventata uno dei medicinali più ampiamente assunti e più efficaci al mondo.

Dunque metformina, restrizione calorica ed esercizio fisico attivano tutti l’AMPK, un enzima noto per la sua capacità di rispondere a bassi livelli di energia e di ripristinare la funzione dei mitocondri.

Metformina, restrizione calorica ed esercizio fisico modulano il microbiota intestinale, correggono la disbiosi con conseguente risoluzione della sindrome dell’intestino poroso, accrescono la popolazione di Akkermansia muciniphila (un batterio mangia muco capace di mantenere integra la barriera intestinale).

Sembra proprio che per contrastare il diabete e l’obesità ci si deve muovere di più e si deve mangiare di meno. Tra le cose da fare bisognerà:

  • aumentare il consumo di alimenti vegetali;
  • idratarsi a sufficienza;
  • assumere alimenti ricchi di omega-3;
  • limitare il consumo di carni rosse, insaccati, grassi saturi e zuccheri semplici;
  • inserire nella dieta gli alimenti latto-fermentati.

Provate così per 21 giorni almeno… al ventunesimo giorno starete così bene che non tornerete più indietro…

 

 

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